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IL BLOG DI FRANCO PARLAVECCHIO Eutanasia, dobbiamo avere il coraggio di parlarne, senza ipocrisia, senza pregiudizi

Scegliere di morire a 17 anni. Perché?Una ragazza olandese di 17 anni, dopo anni di violenze e sofferenze, affetta da depressione e anoressia, si è lasciata andare: è morta...

Scegliere di morire a 17 anni. Perché?Una ragazza olandese di 17 anni, dopo anni di violenze e sofferenze, affetta da depressione e anoressia, si è lasciata andare: è morta, a casa, di stenti.All’inizio alcuni organi di informazione avevano scritto che le era stata praticata l'eutanasia, forse solo per accendere un indignato dibattito. 

I detrattori dell'autodeterminazione personale non dormono mai.Indipendentemente da come è andata la drammatica vicenda, è stato un modo per richiamare l’attenzione su un tema che viene costantemente ignorato, spesso per ragioni ideologiche e morali. Si mettono in primo piano le proprie convinzioni e si dimenticano i drammi umani.Questa ragazza aveva chiesto un aiuto a morire; in Olanda, dove pure è legale, non gli è stato concesso o era stata considerata non idonea. Da noi non avrebbe neanche potuto chiederlo.Non esiste una legislazione europea comune che regolamenti una scelta tanto personale, ad eccezione di brevi accenni nella Convenzione Europea sui Diritti Umani alla possibilità di rifiuto delle cure mediche.   

Le leggi dei singoli Paesi divergono in modi talvolta diametralmente opposti: dalla libertà più ampia alla totale negazione, figlie di un’Europa con origini, culture e sensibilità differenti.Ci dimentichiamo tuttavia il problema centrale. Questa ragazza ha subito delle violenze che hanno segnato in modo indelebile la sua giovane esistenza, al punto da non riuscire più ad andare avanti.Non voglio giudicare se sia giusto o sbagliato il suo gesto, il problema è che non siamo riusciti a proteggerla, non tanto dalla sua scelta finale, ma dalle violenze che l’hanno traumatizzata al punto da non riuscire più a vedere la luce.Ha fatto in tempo a scrivere tutto in un libro, Noa. Ci ha lasciato le sue atroci sofferenze, la strada in salita verso una guarigione che non arriva mai nonostante i tanti ricoveri, vissuti come un'umiliazione e che non l’hanno evidentemente aiutata ad uscire dal tunnel. 

E poi c'è quel senso di tremenda vergogna che non ha latitudine, non ha colore, età o estrazione sociale ma accomuna quasi tutte le vittime, talvolta fino al punto di pensare che il tempo sia finito a soli 17 anni.In certi casi, poco importa se poi siano le stesse istituzioni ad agevolare l’atto finale, perché la naturale evoluzione di alcuni dolori troppo pesanti da sopportare conduce spesso allo stesso epilogo, in modo totalmente solitario e silenzioso. Dovremmo cominciare a porci delle domande senza ipocrisie, sulle scelte individuali e sulla sofferenza delle persone. Domande che entrano totalmente nella sfera intima della persona sulle cui risposte individuali occorre semplicemente sospendere il giudizio.

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