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Esplodono in centro storico le Feriae Matricularum tra berretti a ciondoli e mantelli blasonati

Fasti e nefasti della goliardia. Intercettati gioiosi gruppi di studenti che calzano in testa i berretti a becco (“cappelli a ciondoli”, ci dice un vecchio libro, illustrato da Venanti) coi colori delle varie Facoltà

Esplodono, nell’acropoli, le Feriae Matricularum, rito iniziatico e gioioso. Fasti e nefasti della goliardia. Intercettati gioiosi gruppi di studenti che calzano in testa i berretti a becco (“cappelli a ciondoli”, ci dice un vecchio libro, illustrato da Venanti) coi colori delle varie Facoltà. Indossano abiti multicolori e vestono mantelli blasonati dei vari Ordini. Dal Griphonatus perusinus ai Domini delle terre del Sud degli studenti fuori sede. 

Perugia, le Feriae Matricularum in centro storico

Oggi pomeriggio la sfilata storica da piazza Italia a piazza IV Novembre, con schieramenti e parata. Poi, arringheranno “il popolo” dal terrazzo della Sala dei Notari. Un chiaro messaggio a godere, ridere, prendere la vita alla leggera. Prima degli impegni della vita adulta da professionisti. Qualcuno, più ardimentoso, si affaccerà dal terrazzino della Vaccara, antico catasto della Vetusta (le lettere di quel portone recitano AG, che sta per Armarium Generale).

Al civico 2 di via Mazzini, in mostra oggetti, cimeli e simboli dello Studium generale. Lanceranno slogan e disfide, dure a parole, giocose nei fatti (chi mangia di più, chi bene più vino) per poi riconoscersi “fratelli” in nome dell’antico Studium che insegnò all’universo mondo cultura e democrazia: questo vuol dire Universitas, “aperto a tutti”.

Il rito dei clerici vagantes, questuanti, amanti insaziabili del sesso e del bere, si tradurrà nel canto del Gaudeamus: Gaudeamus igitur iuvenes dum sumus. Post iucundam iuventutem, post molestam senectutem, non habebit humus (“Godiamo, dunque, finché siamo giovani. Dopo una gioiosa giovinezza, dopo una molesta vecchiaia, ci ricoprirà la terra”). Poi, stasera, tutti all’Elce, da Valentino, per una memorabile cena, innaffiata da abbondanti libagioni. Scampoli di una memoria storica che trova ancora nella Vetusta i suoi inesausti cantori.

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