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Epigrafi latine, un libro scrive la parola definitiva sul materiale presente nel territorio perugino

Presentato il volume "Supplementa italica", opera della storica epigrafista Maria Carla Spadoni e vede la collaborazione di Luana Cenciaioli e di Lucio Benedetti

Un libro che – dopo oltre dieci anni di lavoro – dice una parola definitiva sul materiale epigrafico del territorio perugino. Ne parlammo in anteprima su queste colonne e finalmente ne abbiamo seguito la presentazione al Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria con l’autrice, Carla Spadoni, la direttrice Luana Cenciaioli e Silvia Orlandi, docente associata di Epigrafia latina all’Università “La Sapienza” di Roma.

Il volume “Supplementa italica”, nuova serie, numero 30, (Regio VII Etruria – Perusia) è opera della storica epigrafista Maria Carla Spadoni e vede la collaborazione di Luana Cenciaioli, per la sezione archeologica e di Lucio Benedetti, che si è prevalentemente occupato di instrumentum domesticum, ossia dell’insieme di strumenti e oggetti per l'utilizzo quotidiano e domestico, con iscrizioni di proprietà, beneauguranti, apotropaiche (contro la malasorte… e così via). Ma vengono prese in considerazione anche le frasi, spesso offensive all’indirizzo degli avversari, come quelle sulle “glandes”, ossia sui proiettili lanciati dai frombolieri nel Bellum perusinum.

La Orlandi osserva che si tratta di un libro prezioso anche per studi futuri, ribadendo che il lavoro costituisce una vera impresa editoriale, anche per il tempo e le energie in esso confluite.

Il libro, difatti, offre una base documentaria aggiornata, valida e controllata, ben oltre le rare uscite del CIL (Corpus Inscriptionum Latinarum) edito dall’Accademia delle Scienze di Berlino.

È, insomma, un catalogo epigrafico al passo con le continue scoperte e, per di più, contenente indispensabili revisioni e significative conferme.

D’altronde, il libro consente di superare i limiti di una storia vista, e scritta, “dalla parte del vincitore”, come è usualmente la fonte letteraria.

La pubblicazione – sostiene Spadoni – sfata anche dei luoghi comuni sul passaggio fra la Perugia etrusca e quella romana. Racconta infatti anche il bilinguismo che connota un preciso momento di transizione e di assimilazione.

Quanto alle iscrizioni, sono importanti quelle “in situ” (ossia, individuate nel luogo stesso in cui stavano originariamente): piazza Cavallotti, scavi della cattedrale, rinvenimenti casuali nel corso di lavori. Ma vanno anche considerate quelle di reimpiego, di asportazione e spoglio: ossia riutilizzate in contesti diversi.

Poi c’è l’individuazione e denuncia dei falsi, numerosi attraverso i secoli. E quindi le iscrizioni del collezionismo, di lasciti, eredità, donazioni. Senza considerare il mercato parallelo e illegale che, in qualche caso, ha fatto sparire oltre la metà delle iscrizioni censite. Su tutte, la Spadoni ha egregiamente fatto il punto, rovistando su magazzini (Manu, Palazzone a Ponte San Giovanni) e individuando materiali fin qui ignorati o sottostimati.

Luana Cenciaioli espone i termini storico-archeologici, confermando il giudizio positivo su un lavoro quanto mai necessario per il progresso degli studi su Perugia. Che si conferma città quanto mai attenta alla tutela e allo studio del proprio patrimonio storico-antiquario.

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