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La quarantena di Cucinelli: "A mia moglie non va bene come passo lo straccio, allora le cito Marco Aurelio"

L'imprenditore umbro ospite di 'Un giorno da pecora' su Rai Radio Uno: "Questa emergenza mi ha ricordato la grandinata che distrusse il nostro raccolto quando ero contadino, ma l'Italia è un grande Paese e sono sicuro che ripartiremo"

Ottimismo e orgoglio italiano. Questo il messaggio lanciato, come sempre a modo suo tra citazioni e aneddoti del suo passato contadino, da Brunello Cucinelli a 'Un giorno da pecora'. "Grazie per alleggerirci quelsto animo pesante, come lo definiva san Benedetto: grazie - ha esordito l'imprenditore umbro rivolgendosi ai conduttori Giorgio Lauro e Geppi Cucciari -. Dove ho trascorso la quarantena? Sono al mio paesino, Solomeo, e se i primi 15 giorni sono stati quelli forse un po' più dolorosi, pieni di ombre e di commozione, dai primi di aprile lo spirito è leggermente migliore. C'è una sorta di tempo nuovo, la sensazione è che questa eclissi sta passando e si inizia a rivedere il sole. Un momento di vita comunque molto intenso"

'Parli sempre col cielo?' gli chiede Gepi Cucciari: "Sempre, anche stando a casa - è la risposta del 're del cachemire' -. Raccontavo l'altro giorno a mia moglie che Tommaso Moro dice 'o mio Signore aiutami ad accettare quello che io non posso cambiare e aiutami a cambiare ciò che posso cambiare'. Questa vita familiare in casa è stata dura all'inizio ma molto interessante, anche se mi sono stancato di queste 'call' (call conference, videochiamate di gruppo, ndr). Ho sempre cercato di sdramatizzare anche con mia moglie, quando mi rimproverava mentre stiravamo le lenzuola o perché passavo lo straccio senza andare bene negli angoli. Magari le parlavo di Marco Aurelio imperatore che aveva la peste in casa, la guerra e la crisi economica ma diceva comunque di assecondare l'umanità, di vivere secondo natura. E lei mi risponde 'ma basta con questo Marco Aurelio imperatore e con questi fatti...'. Sto con lei da 49 anni e anche ai miei amici americani o europei, durante questo 'call', dico: volete separarvi? Fate un patto di comprensione, rimandate tutto a dicembre".

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Si parla poi della sua azienda: "Abbiamo riaperto 8 giorni fa con il 20% del personale - spiega Cucinelli - e il primo giorno è stato emozionante tra mascherine e distanze di sicurezza. Il ristorante è chiuso ma abbiamo il cuoco che ci prepara dei piccoli panini in delle buste fatte in una certa maniera, è molto affascinante. La cosa che mi ha più commosso è stata però la reazione di tutti: io ho chiuso intorno al 10 marzo, perché mi sono seriamente spaventato ma ho detto 'ragazzi, recupereremo. Come possiamo fare?' E così abbiamo deciso di lavorare per quattro mesi mezz'ora in più al giorno e il sabato mattina, o di fare una settimana di vacanza invece di 15 giorni ad agosto. Tutto questo però senza licenziare nessuno e con lo stesso stipendio dell'anno scorso".

Poi Cucinelli usa una metafora per descrivere il coronavirus: "Quando avevo 10 anni arrivò una grande grandinata e noi contadini non avevamo l'assicurazione. Distrusse olio, grano e vino, la sera a cena eravamo in tredici e fu dolorosissimo. Mio nonno allora mi portò a letto con lui e mi spiegò tante cose belle della vita, poi il contadino vicino ci prestò venti balle di grano che noi abbiamo restituito l'anno dopo. Possiamo considerarla una grande grandinata, con la differenza che questa purtroppo ha ucciso esseri umani. Questo è il problema".

Si parla poi dei tempi di riapertura delle aziende della moda: "Una parte sta già lavorando, tutta quella che è prototipia ma non dobbiamo assolutamente esagerare: devono essere gli scienziati a decidere, non scherziamo. I negozi? I nostri sono chiusi a parte alcune eccezioni: la scorsa settimana ha riaperto l'Austria e poi la Germania senza la barriera, ma credo che questa sia una cosa molto seria, una grande disputa tra la biologia e la madre terra. Penso che dobbiamo ritrovare un equilibrio, ma dico che questa è una crisi congiunturale e non strutturale. Qualcuno la considera peggiore di quella del 2008, ma allora fallivano le banche e mio babbo mi mandò a ritirare i suoi soldi. Ora le banche hanno i mezzi e gli stati hanno stanziato molti soldi, è chiaro che è una grande grandinata ma nei prossimi due anni possiamo ritrovare un buon equilibrio".

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Per i negozi di moda il problema sarà il probabile obbligo di sanificare gli abiti una volta provati: "In azienda già ci misuriamo la febbre al mattino, ci puliamo le mani e sanifichiamo i tavoli alla sera. Sono sicuro che anche nei negozi torneremo a lavorare in sicurezza e anche se non è facile disinfettare certi capi o un cachemire non sono preoccupato, una soluzione la troveremo. Quello di cui sono più contento è che i dati sono ogni giorno migliori e li trasmetto ai miei amici americani che sono più depressi, avendo 10 giorni di 'ritardo' rispetto a noi. Oggi ad esempio nella mia Umbria solo una persona in più ha preso il male. Inoltre ho visto come fanno in Germania, dove entrano poche persone alla volta e ci sono la metà dei commessi. Ci siamo ispirati molto anche a quanto fatto in Cina, quando i nostri collobarori ci hanno mandato un video in cui li si vedeva lavorare con la mascherina l'11 marzo dopo due mesi chiusi in casa. Una cosa che ci ha dato molto coraggio".

C'è dunque ottimismo nelle parole di Cucinelli: "Il 30 gennaio feci un'assemblea per dire di prendere la situazione sul serio e a inizio febbraio sono andato in giro a comprare mascherine e respiratori in giro per il mondo. Non ho ottenuto tutti quelli chiesti ma comunque una gran quantità, e a chi mi chiedeva cosa ne avrei fatto se fosse passato tutto in fretta rispondevo 'magari, li doneremo agli ospedali'. Di chi mi fido ora? Del mio governo e a chi vive in Italia sparlandone dico che non mi convincerà mai a lasciare il mio Paese. Siamo stati colpiti da qualcosa di duro, abbiamo perso molte persone e la saggezza di molti nonni come me, ma nel complesso non abbiamo dimostrato al mondo di avere un grande stato sociale? Quando abbiamo chiamato per rassicurare il migliaio di lavoratori che abbiamo in giro per il mondo, oltre al migliaio che lavora qui, alcuni si sono messi a piangere perché in America o in Cina licenziano facilmente dalla sera alla mattina. Io sono innamorato del mio Paese e credo che abbiamo un tasso di qualità altissima, siamo secondi solo alla Germania nella produzione. Ci vorrà un annetto o due, ma sono sicuro che ci riprenderemo”.

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