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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Coronavirus e animali domestici, precauzioni per proteggere cani e gatti

Pubblichiamo l'intervento di Maria Beatrice Conti e Maria Luisa Marenzoni, ricercatrici del Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Perugia

Pubblichiamo l'intervento di Maria Beatrice Conti e Maria Luisa Marenzoni, ricercatrici del Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Perugia

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Fin dall’inizio della pandemia, l’OMS e il Ministero della Salute hanno sottolineato che gli animali non hanno un ruolo attivo nella diffusione del contagio. Poi nel web, magnifico contenitore che permette un rapido accesso alle informazioni, sono comparse notizie relative ad alcuni cani, un gatto ed una tigre che sono diventati positivi a SARS-CoV-2 probabilmente a causa dello stretto contatto con proprietari/custodi positivi. A questo si aggiunge un recente lavoro pubblicato su Science, in cui ricercatori cinesi hanno infettato sperimentalmente un numero esiguo di soggetti di specie diverse, rilevando una particolare suscettibilità del gatto, meno del cane, al virus. Ma gli organi ufficiali e le associazioni veterinarie di categoria continuano a mandare lo stesso messaggio: gli animali non trasmettono SARS-CoV-2 all’uomo. Verità o tentativo di evitare che il panico dilaghi e la gente abbandoni i propri animali?

SARS-CoV-2 è un’entità nuova ed i ricercatori hanno bisogno di tempo per raccogliere ed interpretare i dati necessari per inquadrare la malattia o Covid-19; nell’attesa, devono esprimersi in termini di probabilità statistiche, di evidenze da sottoporre a verifica e di conoscenze pregresse. Un contributo viene dalla medicina veterinaria, dove si è ben consapevoli che i Coronavirus sono strutturalmente predisposti ad una sorta di sdoppiamento della personalità, perché da tanti anni sono conosciute infezioni e malattie causate dai coronavirus. Da un ceppo di virus che convive silenziosamente nell’ospite, possono aver origine varianti più aggressive, che possono colpire altri organi o specie diverse.
Così avviene per il coronavirus del gatto, che, estremamente diffuso in natura e responsabile di lievi forme enteriche, può mutare imprevedibilmente in una variante letale (la peritonite infettiva). Simile tendenza al trasformismo può però produrre effetti benefici: nei suini, dal virus classico della gastroenterite trasmissibile ha avuto origine un biotipo che causa non solo danni lievi ad un altro apparato (respiratorio), ma, diffondendo nella popolazione, la protegge dalla più grave forma enterica. In veterinaria si sono ottenuti vaccini efficaci per alcune di queste infezioni e anche nel gatto sono in studio farmaci molto promettenti.

Ma le domande incalzano: gli animali si infettano? L’esposizione di un animale in condizioni sperimentali (dosi massive di virus) è lontana da ciò che accade con l’infezione naturale, in cui intervengono variabili diverse. Si devono quindi aspettare le osservazioni relative all’effettiva incidenza della malattia nel territorio. Gli animali positivi possono trasmettere la malattia? Bisogna provare che l’animale diffonda il virus in forma attiva, ma i soggetti finora positivi avevano basse cariche virali. Del resto, la pandemia non ha avuto bisogno dell’apporto degli animali per auto-alimentarsi, potendo contare su di un ospite molto “abbondante” come l’uomo. Il virus potrebbe tornare agli animali e diffondere da solo? Come testimoniato da altre due emergenze sanitarie, SARS ed influenza aviaria, che hanno avuto origine dall’adattamento di virus degli animali all’uomo, un fattore determinante il salto di specie è la promiscuità tra gli stessi, in assenza di condizioni igienico-sanitarie appropriate.

Allo stato attuale, gli animali devono essere considerati delle vittime, piuttosto che degli untori; al limite dei veicoli temporanei del virus, se esposti a contatto delle secrezioni di persone infette/portatori. Finché non si avranno più elementi, occorre applicare il principio di precauzione, estendendo agli animali il distanziamento sociale e le norme igieniche che sono diventate parte integrante del nostro stile di vita.
In tal senso, è utile richiamare il documento emanato dalla Direzione Generale della sanità animale e dei farmaci veterinari del Ministero della Salute (DGSAF_9224-17-04-2020), in cui si stabiliscono linee guida per la gestione di animali da compagnia sospetti di infezione e si creano le basi per un sistema di sorveglianza, coordinato a livello centrale con la collaborazione dei servizi veterinari, con il fine di dare risposte ed evitare una zoofobia immotivata. Fintanto che non avremo le idee chiare o, meglio, altri strumenti per controllare la pandemia, dobbiamo pensare che gli animali sono un bene valevole di per sé, che dobbiamo tutelare e preservare dalle malattie, anche nell’ottica di tutelare noi stessi.

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